1 settembre 2020

Fine vita fotovoltaico: l’importanza del riciclo per un’economia energetica sostenibile.

Nel mercato fotovoltaico, la gestione del fine vita degli impianti è di particolare importanza per garantire che le soluzioni di energia pulita siano a tutti gli effetti sostenibili nel tempo. Infatti, affinché sia possibile una completa transizione energetica, ridurre la quantità di rifiuti e allo stesso tempo valorizzare gli scarti, è di fondamentale importanza per permettere il riciclo e il riutilizzo di materiali laddove possibile, nell’ottica di un modello di Economia circolare e sostenibile.

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Come molti altri prodotti e materiali da costruzione durevoli, le apparecchiature solari possono durare per decenni: la durata di un pannello solare fotovoltaico è infatti di circa 20-30 anni, ma grazie ad una corretta manutenzione può in alcuni casi essere riutilizzato o rinnovato ulteriormente per avere una "seconda vita" e continuare a generare energia elettrica.

L'argomento è affrontato in modo adeguato a livello normativo in Europa e in Italia, sia per limitare l’impatto ambientale dei moduli da smaltire, che per punire severamente eventuali trasgressori.

In particolare, secondo il Decreto Legislativo. n. 49/2014 (“Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i pannelli fotovoltaici in quanto rientranti nella categoria RAEE, devono essere consegnati a operatori specializzati (i cosiddetti consorzi) che devono gestirne il riciclo, estraendo da essi il massimo delle risorse riutilizzabili. Lo stesso GSE si occupa di verificare che tali adempimenti siano rispettati sugli impianti incentivati.

Ad oggi nel nostro continente sono stati riciclati più del 90% dei pannelli, grazie al continuo studio di nuovi e più efficienti processi per lo smaltimento. L’Italia, in cui sono attivi appositi consorzi per il trattamento dei rifiuti elettronici ed elettrici, con circa 2mila tonnellate di pannelli avviati al riciclo tra il 2010 e il 2015, è al secondo posto, dopo la Germania.

In cosa consiste il processo di riciclo?

Un tipico modulo FV, che pesa 20-25 chili, è composto da: una cornice in alluminio (circa 10% del peso), una lastra di vetro (altro 80% del peso) su cui vengono appoggiate le celle fotovoltaiche e i contatti elettrici, che vengono poi sigillati a caldo da un foglio di plastica.

La prima fase del procedimento di riciclo consiste nello staccare meccanicamente il vetro dal foglio plastico, recuperandolo. In un secondo momento, un apposito macchinario spazzolerà via le altre componenti ancora attaccate, tritando finemente il materiale rimasto che verrà poi fatto passare attraverso una serie di vagli e cicloni a soffio di aria, dove i vari materiali saranno separati secondo la loro densità.

Dal processo di riciclo si ottengono così polvere di plastica, rame e argento dei contatti elettrici e naturalmente silicio. Tutti i componenti citati sono riutilizzabili, portando il tasso di riciclo di un modulo fotovoltaico al 95% o più. Inoltre, nel contesto di un’economia sempre più orientata alla sostenibilità, meritevole di attenzione è il Life Cycle Assessment (LCA) della tecnologia fotovoltaica, che porta a un Energy Payback Time (EPBT) inferiore ai due anni. Questo significa che l'energia utilizzata per la produzione di un impianto fotovoltaico viene recuperata in meno di 2 anni, consentendo così una produzione di energia a emissioni zero per circa 30 anni.

Tra tutti i settori di cui si occupa, Kiwa è attiva anche nel mercato delle Energie Rinnovabili ed ha interessi reali in tutte le fonti di energia verde che hanno un ridotto impatto ambientale. In particolare Kiwa offre la possibilità di verificare e certificare che pannelli solari, fotovoltaici e termici, inverter e componenti per moduli fotovoltaici, siano conformi allo stato dell’arte normativo, sia sotto l’aspetto della sicurezza che della loro funzionalità. 

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